Nel cuore dell’Africa sub-sahariana è arrivato l’Essere vestito di bianco con la croce d’oro massiccio. Doppie ali di donne e uomini neri hanno gioito festosi al passaggio del colombo di Dio appollaiato nella lussuosa papa-mobile, dall’aeroporto fino a Yaoundé, la capitale del Camerun. Trenta chilometri di applausi, neanche i Beatles. È arrivato lo Zio d’America del Vaticano.
Se non avessi mai goduto di un cinema o di un Pc, di un tramezzino tonno e carciofini o di una play, se non avessi mai posseduto una casetta o una bottiglia di Ferrarelle, anche io mi sarei scorticato le mani ad applaudirlo e avrei cercato di toccare il puffo bianco. Se poi un missionario mi avesse curato, se un Gino Strada avesse salvato mio figlio, se una piccola suora mi avesse parlato dell’amore del Cristo, e che dopo morto sarei diventato ricco nella Sua luce, insomma, se invece che a Roma fossi nato a Yaoundé, mi sarebbe apparso tenerissimo perfino il sorriso aguzzo del pastore tedesco. Ma per sfacciata fortuna sono un poker servito vivente: mio padre era un avvocato bianco e mammina, per regalo di nozze, ricevette un appartamento di 180 mq e box doppio. Da ragazzo ho cavalcato moto giapponesi e letto i classici russi, mangiato bistecche di chianina, apprezzato il gusto del Veuve-Clicquot, studiato nei migliori licei della capitale, fatto il contadino a Marsiglia “per esperienza” e baciato ragazze profumate da Yves Saint Laurent. E naturalmente sono stato in Africa e ho potuto permettermi il “mal d’Africa”: malattia nostalgica infame, di chi, standosene stravaccato in un salotto di Roma o di Milano, rimpiange il silenzio maestoso dell’Africa dei tour-operator. Che mi frega del Camerun dell’Aids? Non sono cazzi miei se solo in quella fascia di Continente Nero, 25 milioni di esseri umani uguali a me, e che non hanno avuto la fortuna sfacciata di nascere in una bella clinica romana, sono appestati dalla malattia dell’amore e condannati a morte. Potrebbero evitarlo? Sì. Basterebbe che usassero i profilattici. Non sono sicuri al cento per cento, però al novanta sì. Ma l’Ambasciatore del Cristo ha detto loro di no. L’Uomo del Monte Sinai l’ha vietato. (Ed è come se avesse crocifisso Gesù un’altra volta). No, non potete, il profilattico è peccato. Siate casti, piuttosto. Ovverosia, non fate l’unica cosa gratis che vi resta nella vita: l’amore. Ma Ratzinger ha fatto peggio. Ha aggiunto che i preservativi “aumentano i problemi”. Infine lo squalo bianco del dio dei ricchi ha raggiunto la vetta della ferocia umana: “Soffrire con i sofferenti”, questo -a suo dire-sarebbe la missione dei fratelli in Cristo. Non “evitare” a milioni di poveri sofferenze indicibili. No: “soffrire con i sofferenti”, pur di non cedere di un millimetro alla barbarie integralista dell’amore proibito tranne che per fini di procreazione. Che da una coppia di malati, poi, nasca un bambino a sua volta condannato a morte dall’Aids, per il sommo pontefice è indifferente. Quale immensa differenza con il Gesù dei poveri, dei bimbi e delle prostitute! Che Dio ieratico e spietato tiranneggia Papa Ratzinger. “Soffrire con i sofferenti”, quando potresti non farli soffrire, è perverso.
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